di Elena Chiti Ci sono poesie di reclusione che sono anche poesie d’amore. O di non-amore. È il caso delle due poesie di Faraj Bayraqdar – poeta siriano originario di Homs a lungo detenuto nelle carceri del regime – che traduco qui sotto. Esse meritano un posto a parte tra le poesie dal carcere di questo poeta siriano, riunite nella raccolta Anqâd (“Rovine”) appena pubblicata dall’editore libanese al-Jadîd e di cui ho già tradotto per SiriaLibano altri versi. *** Passi (Titolo originale: Khutuwât ) Anni sui carboni ardenti ma ora lui va da lei. Anni sui carboni ardenti ma ora lei viene a lui. Risuonano i passi nel mio cuore si avvicinano si avvicinano ancora ancora poi… oh noooo! uno supera l’altra. Carcere di Sednaya, 1993 *** Desiderio remoto (Titolo originale: Hanîn ba‘îd ) Occhi grandi da singhiozzare bocca a forma di o e con il suo significato fianchi di estasi e protezione capelli sul punto di dir...
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