di Iyara Bagala (Fra Oceani)
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Rimango con la voglia di gioire i tanti mondi che oggi abitano l’Italia del secolo XXI .
Rimango in un viaggio costante, travolta da questi esseri in movimento; affascinata da questo mondo variopinto dove i colori di Piazza Maggiore a Bologna o del Castello Estense a Ferrara mi trasportano, come in un film dal Marocco o dal Senegal alla Palestina, dalla Polonia all’India o dalla Somalia alla Colombia.
In certi momenti, però, sento che vivo in un’Italia dove il tempo torna indietro.
In altri invece, di nuovo mi possiede una stupidità totale e un bisogno agghiacciante di re- inventare la vita.
Un bisogno di fuga, prima del contagio. Sì, prima di essere contagiata dall’amarezza e dalla paura che invadono le strade piene di esseri grigi con i sorrisi sbiaditi nel tempo.
Strade vuote di poesia.
Strade dove non c’è spazio per i colori, dove i sogni di quelli chiamati “altri” vengono puniti.
Strade dove la vita si racchiude in un mondo virtuale che si alimenta delle glorie del passato.
Strade che nascondono le loro debolezze dietro agli schermi, creando un mucchio infinito di esseri che nutrono la bolla artificiale del consumo, delle marche, delle macchine, del calcio, dell’indifferenza e dell’egoismo.
Sono le strade dell’Italia della crisi economica, dell’Italia malata e moribonda, dove gli esseri umani si bruciano come se fossero spazzatura, dove i malati stranieri hanno paura di andare dai medici perché possono essere denunciati come portatori di una malattia altamente contagiosa e pericolosa: la loro diversità e la propria dignità.
Questa Italia che in pieno secolo XXI propone le “ronde cittadine” come meccanismo di prevenzione contro la violenza alle donne.”
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