Aleksandr Rodchenko e le Avanguardie russe. Roma, Palazzo delle Esposizioni, 11 ottobre 2011 – 8 gennaio 2012
di Lolita Timofeeva
«Il nostro dovere è quello di sperimentare» era lo slogan di Aleksandr Rodchenko, uno dei più importanti esponenti di Avanguardia russa. Che pur chiamandosi “Avanguardia” era comunque al servizio del potere, in un regime totalitario non aveva altra scelta. Quindi l’Avanguardia trasgrediva nelle tecniche, nella visione delle cose, nella teorizzazione dei metodi innovativi fino a cominciare ad essere considerati rivoluzionari e divenire un punto di riferimento per l’arte europea.
Così gli artisti del movimento diventavano pericolosi e il regime, non potendo tollerare ciò, li richiamò all’ordine. Loro dovettero adattarsi agli principi estetici del Realismo Socialista e alla nota dichiarazione dell’Associazione dei pittori russi (quelli del socrealismo) in occasione della loro 47a esposizione: “…Daremo agli eventi la loro vera immagine al posto delle astrazioni fantastiche che discreditano la nostra rivoluzione davanti al proletariato internazionale.” Per le astrazioni fantastiche si intendeva proprio il movimento delle Avanguardie russe.
È interessante l’accostamento di due mostre: un movimento che ha avuto una vita breve ma intensa - l’Avanguardia russa (rappresentata da Aleksandr Rodchenko) - che ha segnato subito la storia dell’arte internazionale e un altro movimento, nato nello stesso territorio e nelo stesso periodo storico, ma che ha avuto una vita lunghissima con una produzione enorme e una scarsa considerazione nel mondo: il realismo socialista.
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