di Lolita Timofeeva
Intervista realizzata nel 1997 per un mensile di Mosca in occasione della retrospettiva al Museo Pecci di Prato del grande pittore informale (estratto)
Lolita Timofeeva. - Maestro, ha mai esposto in Russia?
Antoni Tàpies. Mai fatto una mostra in Russia, anche perché nessuno me l’ha mai chiesta.
L.T. - Comunque, ho visto una sua opera a Mosca nel 1998 fra altre opere di Arman, Burri, Fontana. Fu una mostra organizzata con le opere provenienti da una fondazione privata (forse viennese) e per noi, studenti dell’accademia tradizionale, fu sconvolgente vedere un’arte così diversa e impossibile nell’Unione Sovietica a quell’epoca.
A.T. Non sapevo niente di questa mostra e, in ogni modo, sono piacevolmente sorpreso.
L.T.- C’è stato periodo nella sua vita in cui lei era profondamente di sinistra. Cosa pensava, allora, della Russia?
A.T. Come molti intellettuali del mondo, dopo la seconda guerra mondiale ho molto sperato. Ero fiducioso nella Russia, pensando che il suo sistema sociale e politico fosse quello giusto. Non ci era apparso il lato peggiore della dittatura stalinista perché la propaganda sovietica era molto forte. Non abbiamo compreso subito l’ideologia negativa che imprigionava questo paese. Però, poco a poco, ci siamo resi conto della tragedia della gente oppressa, nonostante una straordinaria produzione culturale, nel campo artistico, musicale, letterario. Precisamente, ce ne siamo accorti ascoltando gli esuli russi accorsi a combattere in Spagna durante la guerra civile. Questo sistema socialista era un sistema repressivo.
L.T.- Qual è il suo rapporto con la letteratura? E la letteratura ha mai influenzato la sua creatività?
A.T. Amo molto la novellistica, la poesia. Mi sento in una profonda relazione con il mondo intellettuale. I pensatori che mi hanno influenzato da giovane sono stati esistenzialisti, come Sartre o Heidegger. Ho collaborato con molti poeti, anche con il poeta russo Josif Brodsky. Con questo poeta supremo abbiamo realizzato un libro d’artista, con un testo autografo accompagnato da alcune mie opere grafiche.
L.T. - Secondo lei, la Grande Arte deve avere un impegno politico, deve rispecchiare i valori del tempo?
A.T. Penso che l’artista sia come una specie di notaio della sua epoca, un testimone. In ogni modo c’è una parte dell’artista che non è estemporanea, è universale. E’ un fatto inedito, mai verificatosi in alcuna altra epoca.
L.T.- Nel suo lavoro lei usa spesso materiali anomali, come spugna sintetica, paglia e altri materiali.
A.T. Per la mia ricerca la sperimentazione è importantissima, io faccio molti tentativi, difficili da spiegare attraverso le parole. Sperimento i materiali finché non mi danno una certa sensazione.
L.T. -Spesso sono materiali destinati a degradarsi nel tempo. Cosa pensa del fatto che i posteri non vedranno le sue opere integre, così come le ha concepite?
A.T. Cosa penso? Peggio per chi le compra.
Prato, marzo 1997
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