Munzher Masri
Cinque brani
(forse la solitudine è la causa, come gli altri lo erano in passato)
(brano primo)
Se tralascio
la rivista illustrata di poco prezzo,
la radio giapponese,
il pacchetto di fazzoletti di carta,
quelle cose
in cui la poesia non ama
intervenire
mi rimarrà sul tavolo
un posacenere arrugginito
che non uso mai,
un lungo vaso cilindrico di alluminio
che un giorno era stato pieno
di bicarbonato
o di latte in polvere
e ora contiene
un grande mazzo scompigliato
di fiori
azzurri,
rossi,
viola,
senza profumo.
Esattamente,
esattamente,
come il mio attuale miscuglio di ricordi...
(brano secondo)
Forse la solitudine è la causa,
come gli altri
lo erano in passato,
per riflettere
ben tre volte
in questa maniera,
allora mi confondo,
mi contraddico,
ma la primavera è giunta anche qui,
come se fosse venuta apposta
per condividere
il mio isolamento.
Così quando la mattina verso le sette esco ad accoglierla,
non devo guardare lontano
dove si rinfresca e si estende
erba che non ha nome,
e nei miei occhi roventi luccicano
gocce di rugiada
su punte di verdi lame affilate
allora per un po’ smetto di camminare
e ascolto
la primavera avanzare
verso di me
e un fiore
sbocciare
nella mia piccola anima...
(brano terzo)
Il mio vecchio orologio ingiallito
ancora soddisfa il tempo
e me nello stesso momento,
perché alla fine mi ha insegnato
a distinguere bene
tra cose che
in fondo non si distinguono,
come la vita agiata
e quella difficile,
i gigli superbi
e le erbe che la strada indossa,
consumate dai piedi,
a avere davanti agli occhi
ciò che non posso vedere,
mentre le mie mani raccolgono
i frutti che cadono dagli alberi...
(brano quarto)
Nel cuore di ogni papavero
una nera tristezza,
e come diceva mio padre:
“dobbiamo piangere
addolorati
soltanto della nostra breve vita”
ma io, a mia volta, come tutti,
ho scoperto un’altra cosa
quasi ugualmente giusta
ossia che è anche saggio
non lasciarmi distrarre da questo,
e finché la mia gioia si estende sulla
terra
voglio che i miei piedi conoscano la strada,
e che l’anima si accasi
(brano quinto)
Sembra facile tutto ciò che è chiaro,
e dal medesimo pertugio
che illumina tutto ciò,
vedo un orizzonte
freddo
e bianco,
toccare la spalla,
e non è più nulla,
ed io nel momento in cui credo nella sua eterna neutralità
conosco da vicino me stesso,
poiché ora non sono quello che sarò domani
anche se tutto quello che ho, rimarrà
al suo posto,
e allora non sembrerà facile
ciò che appare all’altro uomo
così distintamente
chiaro...
Tradotta dall’arabo da Fawzi Al Delmi; tratta dall’antologia, Selected Poems- Syria, Italy, Sweden, a cura di Khaled Soliman – Al Nassiry, Fawzi al Delmi, Jasem Mohamed, edita da COSV (Italy), Baghdad Café for Poetry and Music (Sweden), and Al Makan Art Association (Syria), in collaboration with Al Mutawasit (Cultural Exchange& reading development).
Nato a Lattakia nel 1949. Poeta e pittore, è considerato uno dei nomi di rilievo
della generazione successiva ai quella dei fondatori del movimento della modernità
poetica sia in Siria sia nel mondo arabo. La sua poesia è classificata quale poesia
sperimentale.
Commenti
Posta un commento