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Scrittura meticcia – un nuovo fenomeno nella letteratura che nasce tra le mura dell’Università di Bologna.

















di Elisabeth Thatcher

L’Italia può essere considerata la patria della scrittura collettiva. Già nel 1929 i futuristi, tra i quali anche Marinetti, hanno sperimentato un romanzo scritto a dieci mani (Lo Zar è morto); poi negli anni ci sono stati diverse esperienze importanti dello scrivere insieme come quella di  Giuliano Scabia al DAMS di Bologna (il testo teatrale collettivo Il Gorilla Quadrumàno), come anche quella della scuola di Barbiana (la Lettera ad una professoressa). Fino ad arrivare ai giorni nostri, quando possiamo annoverare tra diversi tentativi riusciti un curioso fenomeno sperimentale del gruppo che si chiama Scrittura Industriale Collettiva, o ancora la escalation dell’ormai affermato gruppo  Wu Ming.
La novità assoluta arriva dall’Università di Bologna, dove nasce un nuovo fenomeno nella letteratura: è quello di scrittura collettiva meticcia, quando a creare un’opera sono persone provenienti dai paesi differenti. È un’esperienza dove la diversità diventa il valore che permette di riflettere su tante sfaccettature della contemporaneità.
Nel 2007 al Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica dell’Università di Bologna nasce il laboratorio di scrittura creativa interculturale, in collaborazione con l’Associazione Eks&Tra. Dopo diverse esperienze di scrittura individuale, nel 2012 Wu Ming 2 (Giovanni Cattabriga) propone la scrittura collettiva all’interno del corso. Sotto la sua guida il risultato non tarda a presentarsi: da quell’esperienza si sono formati alcuni collettivi che tuttora stanno portando avanti loro esperienza. Invece il 16 di giugno alla Festa delle Scritture all’Aula Pascoli in via Zamboni 32  è stato presentato e l’e-book “Mari&Muri”, che raccoglie i racconti scritti dai partecipanti al laboratorio Eks&Tra 2015.
Alcuni autori hanno letto i brani dei loro racconti:
"Salvati" di Matilde Ciolli, Brigida Gianzi, Donata Guglielmelli e Luca Tassoni.
"Unperfetto sconosciuto" di Simone Carati, Giulia Franchini, Francesca Fughelli, Cinzia Perini
"Tuttacolpa della Regina" di Silvia Greco, Giulia Bondi e Edoardo Spadaro.
"Ilfiglio del Haram" del gruppo BLESK (Lolita Timofeeva, Oussama Mansour e Valentina Bolzonella).
"Suoni dal deserto" del gruppo Tinariwen (Clara Torregrossa, Simone Andrenelli, Alba Pietrantuono e Liborio Pierciaccante).
Alla fine della presentazione è stata proiettata una performance realizzata da Muna Mussie.

Per poter inquadrare il fenomeno, abbiamo approfittato per intervistare uno dei gruppi: BLESK, formato da Valentina Bolzonella nata a Venezia, Lolita Timofeeva nata a Riga in Lettonia e Oussama Mansour nato a Ksar Hellal in Tunisia (nella foto sotto). 















A cosa associ la parola “razzismo”?
Valentina: alla superbia.
Oussama: alla paura. Penso sia un sentimento arcaico e totalmente umano.
Lolita: all’ignoranza.

Quando l’altro ti inquieta?
Valentina: quando è terra arida su cui non riesce a crescere niente.
Oussama: quando mi accusa di delitti che non ho fatto. Ho paura di diventare colpevole di errori che non ho mai commesso e della violenza dell'altro, ma sono consapevole che spesso io stesso faccio paura, per via del mio aspetto.
Lolita: quando non comunica.

Che immagine ti evoca la parola “identità”?
Valentina: un campo di girasoli che sanno da che parte guardare, tutti assieme.
Oussama: distese di ulivi e terra rossastra dopo una pioggia molto grassa.
Lolita: un albero possente con le radici in crescita continua. Più territori attraversano, più forte è l’identità.

Una breve metafora della parola  “destino”?
Valentina: Il destino è sogno.
Oussama: Il destino sono i nostri desideri.
Lolita: Le porte aperte di un treno con che sta per partire e io mi chiedo: “che faccio, salgo?”

Qual è miglior invenzione della contemporaneità?
Valentina: qualsiasi strumento potenzi la circolazione delle conoscenze.
Oussama: internet.
Lolita: skype. Mia madre dice che colui che lo ha inventato è un sant’uomo.

Cosa rimpiangi della storia del passato?
Valentina: nulla. Sarebbe inutile, come ogni tipo di rimpianto.
Oussama: una forma di libertà che non esiste più. Oggi siamo tutti preda della paura, succubi delle regole.
Lolita: di non aver potuto conoscere personalmente Dante, Pico della Mirandola, Leonardo…  

Cosa ti fa pensare la parola “origini”?
Valentina: un qualcosa che sta ancora prima delle radici. Alla terra che sa di casa.
Oussama: un qualche cosa con cui ho un rapporto di conflitto e amore, un continuo ri- negoziare i miei ricordi e il legame che ho con la mia famiglia, la terra dove sono nato, la terra a cui appartengo. E' ancora un cammino e una ferita non guarita.
Lolita: una sorgente alla quale tornare sempre per attingere.

Cosa significa essere moderni?
Valentina: è proprio non saperlo essere, mantenendo l'apertura verso tutto il resto che non è chiamato moderno.
Oussama: non avere paura di un mondo che cambia ogni minuto, ma che tuttavia rimane uguale a quello dei nostri antenati.
Lolita: conoscere bene il passato.

Qual è il tuo peggior difetto?
Valentina: credermi infallibile.
Oussama: l'ignoranza.
Lolita: la pignoleria.

Qual è il tuo miglior pregio?
Valentina: sapermi riconoscere.
Oussama: l'adattamento.
Lolita: la pignoleria.


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